Un altro suicidio nella nostra città: Alberto Rosada, sessantuno anni, gestore del bar interno all’Istituto Palladio, ha deciso di farla finita. I giornali locali parlano di un uomo sofferente di crisi depressive, ma una tale spiegazione non può che essere del tutto insufficiente. E perciò mi permetto di tentare di capirne qualcosa di più, semplicemente ragionando un po’.
La crisi economica morde e sempre più studenti si portano il panino da casa, così i bar interni alle scuole risentono di un fisiologico calo di fatturato. Ma vai a dire al fisco che stai guadagnando meno! Purtroppo, invece, lo Stato continua a vessare i suoi contribuenti, non solo tassandoli esageratamente, ma pretendendo anticipi IRPEF sul fatturato di qui a venire, come se oggi fosse possibile prevedere i propri guadagni futuri.
Lo Stato è un muro di gomma, anziché aiutare il cittadino in difficoltà (come dovrebbe fare), lo abbandona a sé stesso, ad una nuova condizione di vita spesso inaccettabile per la propria dignità. Lo Stato dovrebbe difenderci, aiutarci, e invece ci vessa, ci toglie diritti acquisiti, ci propone i voucher, ci spiega che la pensione di anzianità pian piano sparirà e che, se abbiamo cinquanta o sessant’anni e perdiamo il lavoro, ci dobbiamo arrangiare, anche se un lavoro non ce lo dà più nessuno.
Purtroppo il caso di Alberto è solo il più recente di una serie dei quali i media (colpevolmente e intenzionalmente?) parlano sempre meno. Come non ricordare i casi recenti dei suicidi ferroviari? E quasi sempre le motivazioni dipendono da un improvviso cambiamento della situazione economica, che viene vissuta come un salto nel buio.
Quando finirà questo stillicidio lento, costante, silente? Quando potremo vivere in un paese che ci faccia sentire suoi figli, e non suoi rinunciabili servi? Quando accadrà che lo Stato italiano saprà comportarsi da buon padre con tutti i suoi figli, e non più da aguzzino nei confronti di alcuni?